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La forza delle idee e la forza del ragionamento

di Maria Luisa Tacelli* e Stefano Sinisi**

Benedetto XVI con il suo discorso nell’università di Ratisbona ha infiammato il dibattito politico a livello mondiale, scatenando reazioni di protesta nel mondo islamico e critiche anche nei paesi occidentali che, per molti, non lo hanno difeso a sufficienza. Ma che cosa ha detto in realtà il Papa? Solo se si legge l’intero discorso del Pontefice si potrà avere una chiara visione del suo pensiero, e tentare di abbozzare un giudizio personale, storico e politico. Di certo il Papa ha voluto prospettare un’analisi filosofico-culturale del rapporto tra fede e ragione, quindi tra religione e violenza in genere, e concludere con un chiaro e radicale rifiuto della motivazione religiosa della violenza, da qualunque parte essa provenga.
La condanna assoluta della violenza, oltretutto, non è spendibile soltanto in senso anti-islamico. Ma travolge ogni soluzione di tal portata. E’ stato assai audace e “spregiudicato” col suo intervento. Sincero e autentico, come un vero pastore cristiano che promuove la pace.

 

Le parole del Papa che riportavano il giudizio dell’Imperatore bizantino Manuele II, devono esclusivamente intendersi come rifiuto del concetto di violenza considerata in sé, o come mezzo per sostenere ideali religiosi. Da parte di Ratzinger, allora, nessuna imprudenza. Per diverse ragioni:
1. Quale capo della Chiesa universale, in quel momento stava tenendo una lezione accademica, di spessore culturale impareggiabile, assai complessa e articolata, e assolutamente non orientata a un consesso strettamente politico;
2. La libertà di parola dovrebbe rappresentare il cardine delle libertà su cui si fonda ogni vera civiltà (per la commissione europea, a mezzo del suo portavoce Johannes Laitenberger: «Le reazioni sproporzionate che equivalgono a respingere la libertà di parola sono inaccettabili»);
3. Non può negarsi il costante sforzo della Chiesa cattolica nel cercare un via di dialogo con i musulmani, come ha ribadito lo stesso Pontefice nell’Incontro coi rappresentanti di alcune comunità musulmane il 20.8.2005.
Detto questo, ciò che forse più inquieta è la reazione che vi è stata nel mondo islamico. Ma anche la reazione avutasi in Occidente lascia spazi di seria riflessione.
Perché si sono fomentate persone normali in piazze iper agitate che hanno bruciato icone cattoliche e foto del Papa? Perché questa strumentalizzazione basata su un’estrapolazione disinibita di poche parole di un lungo ed articolato discorso?
E’ evidentissimo che le piazze che oggi invocano alla guerra santa non possono essere assolutamente il volto dell’Islam moderato, così come ovviamente non lo rappresenta la miriade di gruppi estremistici pronti alla provocazione e al terrorismo. Sono reazioni fondate su ragioni molto discutibili. Se esiste un Islam moderato, perché non alza forte la voce a difesa del dialogo e della pace? Una cosa è certa. O l’obiettivo è la pace e l’armonia; oppure non c’è che il conflitto, la rottura. Dinanzi a un ragionamento, anche provocatorio, quale dovrebbe essere la reazione più giusta? Se fosse quella di questi giorni degli estremisti, allora la Vecchia Europa non avrebbe più un’identità culturale e religiosa di dialogo e pace. Non sembra possibile, neanche emotivamente, l’uso della “forza delle idee”, la coercizione,  nel senso che più fa comodo a idealisti senza scrupoli, a violenti provocatori. Forse bisognerebbe “reagire” con la forza del ragionamento, col rispetto dell’altro. Ma soprattutto col senso della carità cristiana.
Se non è condivisibile quanto disse Bernard Lewis nel 2004: “L’Europa sarà parte dell’occidente Arabo, del Magreb”, una cosa ci spaventa sul serio: la sorprendente incapacità del mondo occidentale di levare una difesa del Papa. Siamo di fronte all’ammaina bandiera della ragione ? Non siamo superiori all’Islam. Ma non vorremmo sentirci definitivamente in deficit di anticorpi storico-culturali. Né che le nostre difese immunitarie della tradizione millenaria che ci appartiene fossero ormai al crollo. Se così fosse, non saremmo più capaci neanche di sostenere con coerenza ideali aperti verso la proposta cristiana. Saremmo alla deriva più totale, a quella deriva pericolosa del relativismo. I cristiani si sentono parte di un tutto più grande che può essere vissuto senza violenza, con la forza dinamica e reciproca delle idee.
Con la speranza che il chiarimento del Papa, nel senso del Suo rammarico per essere stato frainteso, sia davvero un nuovo punto di partenza, crediamo che esista un disperato bisogno di capirsi, rispettarsi e magari amarsi di più.

*Maria Luisa Tacelli, Ricercatore di Diritto Canonico ed Ecclesiastico nella Facoltà di Giurisprudenza di Lecce    
**Avvocato Ecclesiastico